Sesta edizione per il JazzID Area Festival
La musica motore di socialità
Dal 26 novembre all’11 dicembre l’Associazione Musikologiamo propone una
serie di eventi musicali che hanno per partner anche «Frontiera» e si
svolgono per due terzi nel teatro parrocchiale di Regina Pacis
di David Fabrizi
Il JazzID Area Festival, giunto alla sesta edizione, deve il suo nome
all’unione di due termini: “Jazz”, inteso come spazio di libertà
ragionata, e “ID”, inteso come indicatore di contenuti. Il JazzID è
quindi un contenitore aperto, in cui ai musicisti e al pubblico spetta
il compito dell’incontro e della scoperta.
Il festival per altro segue, già dall’anno scorso, l’idea di inventare
“altri spazi della musica”, ovvero di promuovere la musica in contesti
non propriamente musicali, per dimostrare come la questa possa operare
da catalizzatore intelligente per utilizzi inediti dei luoghi in
funzione di una nuova socializzazione. Una operazione interessante
perché presenta sfide al musicista e all’appassionato di musica peché si
trovano a confronto con spazi estranei o destinati ad altro, ma anche
perché suonare all’interno di luoghi alternativi è una via per mediare
al frazionamento e alla riduzione degli spazi pubblici, che a sua volta
produce fratture e scollamenti tra la vita quotidiana e la vita privata.
«Musikologiamo – ci ha detto il presidente dell’Associazione Antonio
Sacco – pensa che la musica abbia una sua natura “democratica”, che la
rende bene comune e alla portata di tutti, potendo funzionare come
canale di comunicazione tra le persone. Ciò detto, è ovvio che le spetta
anche una dimensione ludica, che la rende giustamente adatta a momenti
di distrazione e divertimento, capaci di trasformare lo spazio cittadino
da luogo di tensioni e stress a luogo della distensione».
Il tema di quest’anno è la “serendipity”. Ci spieghi cosa intendete?
«Serendipity è un neologismo che indica la piacevole sensazione che si
prova quando, cercando una cosa, se ne trova un’altra di maggior valore.
La nostra idea è che venendo al festival in cerca di musica, si torni
poi a casa arrichiti di altro: una nuova idea, un’impressione,
un’esperienza, un’amicizia».
In effetti oltre alla musica l’offerta prevede anche un incontro che
porta al centro il tema delle Creative Commons, e che coinvolge anche il
nostro giornale…
«È un esempio di quello che intendevo dire: gli Oprachina, il gruppo che
si esibisce in quella stessa data, lo abbiamo incontrato perché cercando
su internet materiale su Porta d’Arce è venuto fuori questo gruppo
romano, che di questo termine locale ha fatto il titolo di un brano. Un
fortunato caso di serendipity che si è intrecciato con il valore
aggiunto della distribuzione in Creative Commons (CC) dei brani della band».
Perché festival?
«Il festival va inteso secondo il senso arcaico della “festa”. È un
momento aggregativo capace di risolvere in sé una molteplicità di
contenuti ed esigenze. È nostra esperienza la capacità della musica di
portare le persone a provare emozioni profonde, ad aprire nuovi scenari,
a comprendere la diversità, a favorire il contatto con gli altri e
promuovere momenti di supporto reciproco. Ad esempio, in questa
direzione muove l’esperienza di Musica in Ospedale, che nell’ultima data
del JazzID di quest’anno festeggia i cinque anni di attività con un
recital cui saranno presenti quasi tutti i musicisti che si sono esibiti
nel nosocomio reatino».
L’anno scorso la scelta televisiva, poi incursioni musicali dal vivo nei
centri commerciali. Adesso l’esperimento in una struttura parrocchiale.
Quale è il posto della musica oggi?
«Tra questi che hai citato, la parrocchia è forse il luogo più normale
per la musica. In fondo la Chiesa ha sempre favorito e incoraggiato le
arti e tante partrocchie vantano cori anche di notevole livello. In ogni
caso va ringraziato don Fabrizio Borrello che ha avuto la sensibilità di
ospitare la manifestazione che, pur non avendo un carattere strettamente
religioso, contiene una proposta sana di incontro e partecipazione.
Quanto a dove va la musica oggi non è facile dirlo, perché diviene
sempre più oggetto di consumo e sempre meno è percepita come possibilità
di pensiero, come indagine spirituale, come compagna dell’azione, come
azione essa stessa. Centrare il primo concerto di questa edizione sulla
figura di un musicista, il maestro Franco Rovesti, ha anche lo scopo di
centrare questo problema; tanto più che dal ruolo della musica, non va
dimenticato, dipende anche la posizione del musicista nella società».
Al festival, insomma, corrisponde una voglia di comunicare oltre la
banalità…
«La musica, per sua stessa natura rompe il silenzio: non quello che
l’animo cerca con se stesso – che anzi favorisce – ma quello sociale,
quello dell’individuo isolato in un contesto che ha sempre meno tempo da
dedicare alla comprensione solidale. Il cadere della sesta edizione del
JazzID a ridosso delle feste di fine anno vuole anche parlare di questo
e proporre una riflessione in direzione di un impegno sociale costruito
anche sulle risorse artistiche del nostro territorio, con giornate
dedicate all’ascolto di musica diluite in un calendario di spettacoli
attinenti ai temi trattati».