Un percorso di umanizzazione
La musica dal vivo, come anche le opere
d’arte presenti nel reparto di Radioterapia assieme
ad un grande acquario e ad una serie di
piccoli ma significativi accorgimenti, concorre
ad accordare i luoghi e le persone, rendendo
quanto più possibile “ospitale” l’ospedale,
minimizzando il salto tra la vita interna e
quella esterna alla struttura che di necessità i
malati, i loro familiari e gli operatori sanitari
debbono praticare.
Lo spazio condiviso
Un discorso, questo dell’umanizzazione,
che condiviso da Musikologiamo ha dato portato
a sviluppi ricchi e a implicazioni diverse.
In cinque anni, infatti, sono state numerose le
persone presenti, al di là della malattia, nella
struttura sanitaria. Così, grazie ai concerti,
questa è stata ricondotta al suo essere spazio
pubblico, luogo in cui ad accadere non sono
dolenti storie private, da nascondere e fuggire,
ma fatti propri alla condizione comune, in
nulla lontani dalla quotidianità. Senza perdere
la propria specificità infatti, il luogo di
cura si è dimostrato del tutto adatto ad essere
un ambiente per stare insieme agli amici, una
stanza per condividere il piacere della musica,
un salotto del tempo lieto.
I luoghi della musica
Quello di “Musica in Ospedale” è un progetto
nelle cui pieghe sono articolati anche
altri ragionamenti. Comprende ad esempio
un discorso sugli spazi per la musica e la
cultura musicale. La nostra città, fatta eccezione
di alcuni grandi eventi autoreferenziali
ed esclusivi, ne è cronicamente priva
ed anche al di là della musica, tolte le aree
immediatamente monetizzabili delle grandi
superfici commerciali e dei locali notturni,
ai cittadini mancano quasi del tutto autentici
luoghi dell’incontro e del fare comune. Per
il coro delle voci che contano, le risposte a
queste tematiche si trovano in grandi investimenti
e in improbabili riqualificazioni.
Si tratta di scelte rese impraticabili dalla
sfavorevole congiuntura economica, e che
comunque non hanno mai prodotto null’altro
che se stesse. Il laboratorio di “Musica
in Ospedale” invece, al fianco di poche altre
realtà, mostra nel suo piccolo una strada
diversa, basata sull’intreccio della buona
volontà con la capacità di usare in modo
creativo, ma non improprio, quanto si ha già
a disposizione. Un esperimento che si è tradotto
in una prassi quinquennale perché ha
saputo contare sulle proprie forze molto di
più di quanto abbia fatto sulla simpatia, pure
dichiarata, dei vari soggetti istituzionali, riuscendo
così a dare misura reale agli impegni
presi e da prendere, senza però mai chiudere
la porta alla partecipazione di quanti hanno
voluto dare un minimo aiuto.
La partecipazione
E quella della partecipazione è un’altra
chiave del ragionamento fatto a Radioterapia.
In questi anni, in campo musicale, ma
non solo, la città è stata progressivamente
indirizzata ad interessarsi solo ai grandi
nomi. Sono presenze il cui fuggevole passaggio
è spesso accompagnato da un tamburo
di propaganda che batte il ritmo della
sudditanza culturale; eventi che nei termini
in cui sono proposti denunciano una posizione
sorda, incapace di aperture e dialoghi, nel
cui recinto è più importante “esserci” che
ascoltare.
Intanto, negli stessi anni, nei seminterrati
del De’ Lellis, musicisti di valore, maestri
d’orchestra, scolaresche, jazzisti, teatranti,
bande, studenti di strumenti d’ogni genere,
esecutori di musica popolare e tradizionale,
cori amatoriali e professionali, hanno trovato
un pubblico attento. Alcune esibizioni
sono state di straordinario valore tecnico e
artistico; altre hanno testimoniato la passione
viva per la musica e la fatica dell’impegno
quotidiano che comporta; altre ancora
hanno sottolineato il divertimento e la gioia
che l’arte e la musica possono dare. Tutte
hanno trovato casa e hanno dimostrato il diritto
di ognuno ad ascoltare ed essere ascoltato,
senza sottotesti e pregiudizi di valore,
in incontri reali, e aperti che hanno saputo
via via tradursi in una ricchezza per tutti.
Per gentile concessione di FRONTIERA