In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Silvia Santilli e Federica Troiani, volontarie del Servizio Civile Nazionale, per conto dell’Associazione Musikologiamo, in collaborazione con la fotografa Francesca Maria Tiberti, mercoledì 25 novembre, presso il Be’er Sheva hanno lanciato la campagna #ManiInTasca.
Il progetto, patrocinato dallo sportello antiviolenza “Il nido di Ana”, dal Comune e dalla Provincia di Rieti, consiste in un servizio fotografico, nel quale sono stati coinvolti i giocatori della NPC Rieti, entusiasti dell’iniziativa, e delle ragazze, intente a lanciare un messaggio forte e di grande positività. I corpi dei modelli sono stati arricchiti con significative scritte: messaggi non solo di informazione e sensibilizzazione, ma soprattutto in lotta con gli stereotipi più insidiosi, interiorizzati anche dalle donne stesse.
Il maltrattamento che mina l’integrità della persona non riguarda solo le donne, ma è un problema anche degli uomini e non è estirpabile senza il loro coinvolgimento diretto. Per questo in #ManiInTasca, i giocatori della Npc Rieti si fanno portavoce di messaggi contro la violenza sulle donne: sono gli uomini a dover scendere in prima fila per difendere i diritti delle donne, innescando così un cambiamento culturale. La campagna affronta il tema della violenza in tutte le sue forme: la violenza psicologica (azioni e parole che minano e mettono in pericolo l’identità e l’autostima, come insulti, minacce e isolamento), la violenza fisica (aggressione corporea contro la persona con comportamenti quali: spintonare, colpire, schiaffeggiare, percuotere, strangolare, tirare i capelli, provocare ferite con calci, ustioni, armi contundenti e/o da fuoco, sino all’uccisione), la violenza sessuale (comportamenti a sfondo sessuale e ogni forma di sessualità attiva e passiva imposte contro la volontà della donna), la violenza economica (creare o mantenere una dipendenza economica, non dare alcun mantenimento o darlo in misura inadeguata, costringere all’assunzione di impegni finanziari, vietare o impedire il lavoro o la formazione), la violenza domestica (ogni tipo di violenza presente in una relazione affettiva presente o passata).
Molto spesso si giustifica la violenza: essa viene vista come conseguenza di problemi legati all’alcol, alle difficoltà sociali o alla disoccupazione. Tuttavia queste non sono le cause di un maltrattamento, ma il momento scatenante della violenza. Le motivazioni sono sempre da ricercarsi nella disparità esistente tra i sessi e i connessi ruoli, nell’incapacità di risolvere i conflitti senza la violenza e nella biografia personale. Da un’indagine pubblicata dall’Istat che prende in considerazione gli ultimi cinque anni sino al 2014, si conferma che una donna su tre tra i 16 e i 70 anni ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, per un totale di 6 milioni 788 mila donne.
Il 5,4 per cento dice di aver subito uno stupro o un tentativo di stupro, cioè quasi un milione e mezzo di donne: più di tutti gli abitanti del comune di Milano. Da chi? Malgrado le paure inconsce che le “ondate di immigrazione” creano nell’immaginario della popolazione italiana, chi commette violenza, sono proprio i partner, gli ex, i parenti e gli amici di famiglia, che infatti compiono oltre il 62% delle violenze. Solo le “molestie sessuali” sono da imputare a sconosciuti per il 76% dei casi. Per gli uomini molti atteggiamenti sono ritenuti accettabili, quali? Per il 25% fare battute a sfondo sessuale, per il 20% fare avances fisiche, per il 15% proibire alle donne decisioni sull’economia familiare, per il 12% obbligare una donna a lasciare il lavoro. Per le donne, a dimostrazione che gli stereotipi non sono appannaggio solo maschile e che il retaggio del passato, quanto a modelli femminili, è ancora attuale, si rileva che il 61% delle intervistate ritiene che quello che accade nella coppia non debba interessare agli altri, il 79% considera normale che un uomo tradito possa diventare violento, il 77% che se ogni tanto gli uomini diventano violenti è per il troppo amore, l’86% delle intervistate, in ogni caso, di fronte ad un marito che picchia propone di lasciarlo.
L’obiettivo di #ManiInTasca è quello di dare voce al dramma privato che vivono ogni giorno milioni di donne, utilizzando i corpi come una lavagna di sensibilizzazione, dai quali le scritte vengono lavate via, al contrario dei segni lasciati dalla violenza. La campagna mostra l’esistenza del diverso, è un’esortazione a guardare meglio e più lucidamente la persona che si ha accanto, è un rifiuto ai pregiudizi e alle opinioni presenti nella società che sminuiscono la gravità della violenza. Non si combatte la violenza con immagini che la esprimono, non si fanno uscire le donne dalla buca del vittimismo, se si continua a rappresentarle come vittime. Si vuole offrire non solo l’immagine e la denuncia della violenza, ma anche un metro di giudizio positivo, con il quale chi subisce violenze, può constatare l’esistenza di un rapporto diverso, basato sull’amore e il rispetto. Spesso infatti, le donne vittime di maltrattamenti, non conoscono altro che violenza, vergogna, paura e solitudine: #ManiInTasca ricorda loro che non sono sole, che devono denunciare chi fa loro del male. Denunciare è l’unica arma che può fermare questo oltraggio civile: esiste un numero 1522, a sostegno di queste donne, insieme si possono superare le paure.
(Fonte Frontiera Settimanale Diocesano)